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The Ultralimited Night: Una Notte di Estasi Sonora a Roma

La notte del 25 luglio, Roma ha vibrato sotto le note di un evento musicale unico: The Ultralimited Night. Presso l’Eur Social Park, un pubblico – non particolarmente numeroso ma eterogeneo – si è radunato per celebrare una serata che prometteva un’esperienza sonora intensa e musicalmente ad ampio respiro. La line-up ha visto alternarsi sul palco artisti dal gusto peculiare, ciascuno con un proprio universo sonoro: Arottenbit, Lili Refrain e infine gli headliner Messa.

Techno Retro-gaming.

Apertura esplosiva con Arottenbit, noto per il suo stile chiptune abrasivo e sperimentale che – è proprio il caso di dirlo – ha inaugurato le danze. L’artista, armato di console retrò (l’indimenticabile Game Boy) e sintetizzatori, ha catapultato il pubblico in un vortice di suoni digitali, un’esperienza che ha evocato tanto i giorni gloriosi dei videogiochi di vecchia generazione (8 bit, per l’appunto!) quanto una visione futuristica e distopica. Le sue composizioni, caratterizzate da ritmi frenetici e melodie glitch, hanno saputo affascinare e stordire l’audience, creando un’atmosfera carica di energia e giocose danze da circle pit.

Arottenbit ha dimostrato come la musica elettronica possa essere non solo un genere musicale, ma anche una forma d’arte capace di trasportare gli ascoltatori in una dimensione parallela. La performance si è conclusa all’insegna dell’elettronica anarcoide, in un impossibile punto di contatto tra il rave e la sala giochi anni ‘80, con il pubblico chiaramente stimolato e pronto per il prosieguo della serata.

L’incanto di Lili Refrain.

Il cambio di registro è stato netto ma perfettamente orchestrato con l’arrivo di Lili Refrain sul palco. Artista poliedrica, Lili ha portato con sé un set caratterizzato da un mix di chitarre eteree, loop ipnotici e una voce che ha incantato l’intera platea. Le sue composizioni, intrise di un lirismo oscuro e misterioso, hanno creato un contrasto affascinante con la frenesia digitale di Arottenbit (quest’ultimo è stato altresì il fonico per tutto il resto della serata).

Lili Refrain ha saputo fondere sapientemente elementi di rock, folk e musica sperimentale, regalando al pubblico momenti di pura magia. Le sue performance dal vivo sono celebri per la loro intensità emotiva, e questa notte non ha fatto eccezione. La sua capacità di creare atmosfere suggestive, quasi ritualistiche, ha catturato gli spettatori, trasportandoli in un viaggio sonoro intimo e profondo.

Davvero notevole il lavoro che Lili è riuscita a fare sulla sua voce negli ultimi anni, tanto da portarla ad avere una timbrica che quasi gioca a fare il verso a Lisa Gerrard, tra suadenti inclinazioni etniche che richiamano visioni sciamaniche e tentazioni liriche tutt’altro che di circostanza. Con il consueto lavoro svolto sulle loop station e soprattutto l’inserimento graduale dell’elemento percussivo nella sua musica, Lili Refrain ha avvicinato la sua scrittura ai Dead Can Dance sia del periodo ‘Spleen and Ideal’ che quello di ‘Into the labyrinth’, ma nel momento in cui entra in gioco anche la chitarra – vero primo amore dell’artista capitolina – le armonie si fanno più cangianti ed originali, con una complessità strutturale dei loop gestita sempre con gusto e la dovuta attenzione ad ogni sfumatura. In questo conturbante maelstrom sonoro, Lili si diverte anche a giocare col celeberrimo tema Carpenteriano di Halloween, costruendoci intorno un avvolgente stuolo di suoni, palesando le fragranze più elettroniche del suo poliedro sonoro.

Il Vangelo doom secondo i Messa.

A chiudere la serata, gli headliner Messa hanno portato sul palco una performance che ha sintetizzato e amplificato l’energia accumulata durante l’evento. Il loro doom metal, denso e potente, ha risuonato nell’aria romana con un impatto quasi fisico, pur sviscerando una certa raffinata inclinazione verso le palesi reminiscenze nei confronti dell’hard-rock 70’s, che sovente emerge dai loro brani. Con un sound che spazia dalle sonorità più cupe e lente del genere fino a momenti di pura esplosione sonora, i Messa hanno dimostrato perché sono considerati una delle band più “innovative” del panorama doom contemporaneo, tanto da portare la band veneta ad incidere per una label così importante come la finlandese Svart.

L’originalità della band e nel saper andare oltre i soliti riferimenti Sabbathiani (pur ovviamente presenti), inserendo loro tessuto sonoro anche gli ectoplasmi dei padri fondatori del rock hardeggiante albionico, tanto da far tornare in mente gente come May Blitz, Warhorse, Leaf Hound e ovviamente Atomic Rooser e Black Widow, ma con una voce femminile che, pur riecheggiando a tratti Anneke van Giersbergenel e Ann-Mari Edvardsen, sviscera un sostrato folk e blues che porta in dote nomi come Anne Briggs, Sandy Denny e Grace Slick, che mi piace immaginare nei suoi ascolti formativi. Forse le manca ancora un pizzico di personalità nel “gestire il palco”, quella naturale propensione ad essere mattatrice del proscenio, ma di certo il physique du role non le manca affatto, anzi.

Difatti, la timbrica di Sara Bianchin, frontwoman del gruppo, infonde magia, dannazione e rinascita, con melodie di decadente bellezza, accompagnata da riff di chitarra pesanti e atmosfere quanto mai messianiche. La sei-corde di Alberto Piccolo è perfetta nel riecheggiare da una parte il suono che fu di Tony Iommi, ma aggiungendo preziose spezie psichedeliche anni ‘60, forse con qualche lungaggine solistica di troppo, ma quello è un fatto di gusto personale. Il mio sguardo è però per Marco Zanin, il cui basso sorregge ritmica e struttura di ogni loro brano, impartendone la direzione. Non solo passato però nella loro musica, ma una propensione semmai alla rilettura di certi stilemi, con lisergiche esplosioni che rimandano agli Electric Wizard così come all’incanto ascetico di Chelsea Wolfe, con esecuzioni che hanno aggiunto strati di complessità e profondità alla serata, culminando in un’esperienza catartica che ha lasciato il pubblico (che conosce a menadito ogni brano in ogni sua sfumatura) realmente estasiato, nonostante un live piuttosto breve di un’ora.

The Ultralimited Night ha rappresentato non solo una vetrina per tre artisti in palese crescita in una location ottimale (anche a livello di acustica, cosa non di poco conto) come l’Eur Social Park, ma anche un viaggio attraverso una gamma di emozioni e paesaggi solo in apparente contrasto tra loro.

Per chi c’era, The Ultralimited Night resterà impressa come una celebrazione della diversità musicale e della passione che unisce artisti e pubblico. Per chi non c’era, sarà uno di quegli eventi di cui si sentirà parlare con un pizzico di rimpianto, ma anche con la speranza che possa esserci una prossima occasione per vivere un’esperienza altrettanto coinvolgente.

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