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The Pineapple Thief sul palco dell’Auditorium

Testo di Fabio Babini
Foto di Sara Serra

Serata carica di aspettative mentre il pubblico si raduna nel cuore pulsante del concerto dei Pineapple Thief, una delle band più rappresentative del panorama progressive rock contemporaneo che, nonostante sia la terza volta in sei anni che sale su un palco capitolino (la scorsa volta, nel 2022, sempre sul palco della sala Sinopoli), fa registrare ancora quasi il sold-out. Con il loro mix di sonorità intime, paesaggi sonori epici e testi profondamente emotivi, la band britannica si prepara a offrire uno spettacolo che promette di essere un viaggio sonoro tanto emozionante quanto coinvolgente. La sala è in fermento, l’atmosfera densa di anticipazione: i Pineapple Thief sono pronti a trasportarci in un mondo fatto di riff potenti, melodie delicate e una presenza scenica magnetica…

La band, capitanata dal leader e cantante Bruce Soord, ha offerto un’interpretazione equilibrata delle proprie composizioni, alternando momenti di grande energia a quelli più riflessivi, dimostrando di saper gestire con maestria le dinamiche del live. In scena, i Pineapple Thief hanno presentato un set che ha spaziato tra le loro sonorità più recenti e le classiche sfumature del loro repertorio, con un occhio di riguardo al loro ultimo album It Leads To This, di cui sono stati eseguiti ben otto brani.

Nonostante l’ambientazione suggestiva della sala Sinopoli, uno degli spazi più prestigiosi di Roma, l’atmosfera del concerto è risultata sorprendentemente intima. Il pubblico, appassionato e attento, ha seguito con partecipazione la performance, che è iniziata con il brano “The Frost”, scelto come ouverture. La canzone, carica di tensione e dolcezza, ha immediatamente stabilito il tono dell’intera serata, tra melodie avvolgenti e atmosfere che sfiorano il progressive rock, senza mai scivolare nel virtuosismo fine a se stesso. La voce di Soord, sempre precisa e carica di emozione, ha fatto da guida per il viaggio sonoro che la band albionica avrebbero compiuto insieme ai presenti.

Il concerto si è snodato tra sospensioni e sussulti, in un flusso continuo di canzoni che hanno trovato il loro apice in pezzi come “In Exile” e “Demons”. Questi brani, emblematici della capacità della band di mescolare introspezione e potenza, hanno scatenato una reazione calorosa del pubblico, che ha apprezzato la pulizia e la precisione dell’esecuzione. “In Exile” ha incantato con le sue sonorità eteree e un ritmo che, pur non disdegnando la complessità, è riuscito a mantenere una certa leggerezza. “Demons”, dal canto suo, ha trovato un perfetto equilibrio tra la fragilità del testo e la forza del sound, riuscendo a trasmettere un’intensa carica emotiva senza ricorrere a stridori inutili.

Un aspetto interessante del concerto è stata la sezione acustica, una breve ma particolarmente apprezzata parentesi che ha permesso alla band di mostrare una veste più intima e raccolta. In questa sezione sono stati eseguiti tre brani dall’album It Leads To This: “Threatening War”, “Barely Breathing” e “Snowdrops”. Questi pezzi, che solitamente si caratterizzano per un sound ricco di sovrastrutture, sono stati reinterpretati in modo più sobrio e minimale, creando un’atmosfera di silenziosa introspezione. È stato interessante vedere come i Pineapple Thief, pur abituati a lavorare con arrangiamenti complessi, siano riusciti a mantenere l’intensità anche in una dimensione più spartana e intima, dimostrando grande maturità artistica.

L’interpretazione di “Threatening War” in versione acustica è stata una delle sorprese della serata. Il brano, che nell’album originale si fa portatore di una certa urgenza e spinta, ha acquistato qui una dimensione più riflessiva, come se la guerra minacciata fosse quella interiore, quella della mente e dei sentimenti. In “Barely Breathing” si è sentita la delicatezza e la poesia del brano, che ha trovato la sua espressione migliore nell’esecuzione acustica, dove ogni nota sembrava vibrante di significato. “Snowdrops”, con la sua malinconia intrinseca, ha concluso questa sezione con una dolcezza che ha fatto calare il pubblico in una sorta di trance emotiva, un momento di silenziosa partecipazione che ha segnato un netto contrasto con i brani successivi.

Dopo questa pausa acustica, il concerto è ripreso con una selezione di brani tratti dal nuovo lavoro in studio, tra cui “Rubicon” e “To Forget”. Qui la band ha mostrato la sua versatilità, passando da sonorità più atmosferiche a momenti di grande impatto, con chitarre distorte e una sezione ritmica potente che ha riportato il pubblico a un’energia più intensa. “Rubicon”, in particolare, è stata eseguita con una forza che ha conquistato la sala, mentre “To Forget” ha dimostrato l’abilità della band nel creare paesaggi sonori che si alternano tra la luce e l’oscurità, con atmosfere sognanti che hanno saputo avvolgere l’ascoltatore.

Il brano che dà il titolo all’album, “It Leads To This”, è stato un altro momento di grande forza, un pezzo che ha esaltato le qualità di scrittura dei Pineapple Thief, sempre attenti a mantenere un equilibrio tra innovazione e tradizione. La canzone, pur nella sua semplicità, ha catturato l’attenzione del pubblico, dimostrando che la band non ha bisogno di grandi eclatanti effetti per creare un impatto duraturo. La stessa energia è stata portata anche in “Give It Back” e “Fend for Yourself”, pezzi che hanno visto la band dare il meglio di sé sul palco, con un’interpretazione grintosa e sicura.

L’encore, che ha visto l’esecuzione di “Alone at Sea” e “The Final Thing on My Mind”, ha concluso la serata in modo perfetto, con due brani che, pur non essendo tra i più conosciuti del repertorio della band, hanno avuto il merito di rappresentare al meglio la profondità e la maturità artistica del gruppo. La performance, intensa ed equilibrata, ha offerto un finale che ha saputo restituire al pubblico la sensazione di aver assistito a un concerto di qualità, senza mai ricorrere a gesti teatrali troppo vistosi.

In definitiva, l’esibizione dei Pineapple Thief è stata una testimonianza della maturità di una band che, pur senza bisogno di ostentare, riesce a creare un’esperienza sonora di grande impatto. La scaletta, che ha visto una prevalenza dei brani più recenti, ha mostrato il lato più evoluto del gruppo, ma anche la sua capacità di rimanere fedele alla propria identità sonora. 

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