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Marlene Kuntz al Monk Club di Roma: L’Ultima Festa del Cazzo

Il 6 ottobre 2024, il Monk Club di Roma ha ospitato l’ultima delle tre serate consecutive dei Marlene Kuntz, in un evento che ha attratto un nutrito numero di fan, da quelli che “c’erano già ai tempi” ai nuovi aficionado della band cuneese. Con il tour “L’ultima festa del cazzo”, la band ha offerto un tributo straordinario al loro album iconico “Catartica“, oltre a rievocare brani da “Il Vile” e “Ho ucciso paranoia“. Questa serata si è rivelata non solo un concerto, ma un vero e proprio viaggio emotivo verso un passato che, in fondo, non ci ha mai realmente abbandonato.

Un Ambiente Carico di Aspettativa

Il Monk, noto per la sua intimità e l’atmosfera accogliente, si è riempito di fan ansiosi di rivivere la magia della band. Già prima dell’inizio del concerto, l’eccitazione era palpabile, con gruppi di amici che chiacchieravano e sorseggiavano birra, mentre le luci si spegnevano e il pubblico si radunava attorno al palco, con un costante crescendo emotivo. Quando le note di apertura hanno risuonato, un boato di entusiasmo ha accolto i Marlene.

L’Inizio di un Viaggio Musicale

Il concerto è cominciato con ” Trasudamerica“, un brano che incarna perfettamente il sostrato di angosciosa energia che caratterizza la band. La voce di Cristiano Godano, ruvida, sinuosa e avvolgente al tempo stesso, ha subito catturato l’attenzione. La band, composta da Gianluca De Rubertis, Riccardo Tesio e la sezione ritmica, ha creato un sound travolgente che ha fatto vibrare le pareti del Monk. Con questo inizio, il pubblico è stato catapultato in un’atmosfera di pura adrenalina.

Un Omaggio a Catartica

Il cuore del concerto è stato dedicato interamente a “Catartica“, l’album che ha segnato l’esordio della band ma che ha anche segnato, possiamo dirlo a trent’anni di distanza, un pezzo di la storia del rock (in) italiano. ‘Canzone di domani’, ‘Fuoco su di te’, ‘Gioia (che mi do)’, ‘Lieve’ e ‘Nuotando nell’aria’, tanto per citare solo alcuni titoli,  hanno seguito uno dopo l’altro, creando un viaggio nostalgico tra i brani che hanno segnato generazioni. In particolare, ‘Festa Mesta’ ha fatto esplodere una catena di emozioni, con il pubblico che ha risposto cantando a squarciagola. La melodia minimale e infuocata, con un testo che rimanda alla “teenage angst” di un’adolescenza inquieta condivisa, hanno fatto da cornice a un momento di intensa connessione tra la band e i fan.

Momenti di Introspezione e Intensità

Un momento particolarmente toccante è stato l’esecuzione di ‘Infinità’. Con le luci soffuse e un’atmosfera quasi mistica, il pubblico ha ascoltato in silenzio, immerso nelle parole evocative di Godano. La delicatezza del brano ha dimostrato la capacità della band di alternare momenti di potente energia a istanti di profonda introspezione, regalando al pubblico un’esperienza completa.

Infatti, come scritto poc’anzi, oltre ai brani da “Catartica”, il concerto ha offerto tre brani ciascuno sia da ‘Il Vile’ che da ‘Ho ucciso paranoia’. L’esecuzione di ‘Sonica’ e di ‘Ape Regina’ ha infiammato la folla, con il suo ritmo incalzante che ha spinto molti a ballare. La chitarra di Tesio, in costante equilibrio tra noise e sospensioni liquide, hanno accompagnato il pubblico in un vortice di emozioni, così come il ‘Lamento dello sbronzo’, dimostrando la versatilità della band e il loro talento nel creare atmosfere diverse all’interno dello stesso concerto.

La Magia dell’Interazione

Durante il concerto, Godano ha preso un momento per interagire con il pubblico, raccontando storie e aneddoti legati ai brani. Questi momenti hanno aggiunto un ulteriore strato di intimità all’evento, facendo sentire ognuno parte di una grande famiglia. La spontaneità delle sue parole ha creato un legame speciale, trasformando il concerto in un vero e proprio rito collettivo.

Fragori nella mente.

Il concerto dei Marlene Kuntz al Monk Club è stato molto più di un semplice live, ma un’esperienza che ha unito generazioni e ha risvegliato ricordi. Il finale è un ulteriore escalation di immagini e parole che diventano immagini nella mente, dagli arpeggi di dolore malcelato in ‘Come stavamo ieri’ al fragore rumorista finale in ‘MK’, la band ha saputo celebrare il proprio percorso musicale, rinnovando il legame con i fan e dimostrando di essere ancora una delle realtà più rilevanti del panorama musicale italiano.

In un mondo in cui il tempo scorre veloce e le mode cambiano, i Marlene Kuntz hanno saputo mantenere viva la loro essenza, regalando momenti di pura magia e autenticità. Cosa di certo non scontata, specie di questi tempi.

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