Prima di tutto due parole sulla venue, ovvero l’Hacienda di Roma, locale che ha aperto da poco i battenti e sta conquistando tutti (data anche la pochezza qualitativa capitolina in fatto di sale realmente idonee ad esibizioni dal vivo) per la sua atmosfera, nonché per la capienza piuttosto importante e per l’acustica che si è rivelata perfetta. Il locale, sito al fondo di una viuzza sulla Tiburtina, è stato ieri sera il palcoscenico ideale per un incontro di forze artistiche, ovvero il live di Teho Teardo e Blixa Bargeld, che hanno rinnovato un connubio ormai consolidato, un viaggio tra suoni contaminati e sperimentazioni sonore che ha unito due mondi musicali distinti ma complementari: quello elettronico e minimale di Teardo, e quello oscuro, industriale e poetico di Bargeld.
Avanguardie sonore a confronto, in una forma sperimentale di pop sui generis.
Teho Teardo, compositore e polistrumentista, posto sul lato del palco e divincolandosi tra chitarra, synth e percussioni varie, col suo approccio spesso definito minimale, ma allo stesso tempo intriso di una profondità emotiva che affonda le radici in un ambivalente dualismo tra ricerca e popolare. La sua musica, forte di una carriera in crescendo a metà del guado tra ambient e colonne sonore, è diventata una tela sapientemente svuotata da ogni orpello, una “tabula rasa” sulla quale Blixa Bargeld, con la sua voce inconfondibile, avrebbe poi dipinto con tratti di grande intensità. Il duo ha portato sul palco una selezione di brani oscillando con disinvoltura tra passato e presente, dando enfasi sia al loro celebrato album ‘Still Smiling’, ma ovviamente lasciando un importante spazio ai nuovi brani del recente lavoro intitolato solo con i loro due “veri” nomi: Christian & Mauro. Ogni nota sembrava risuonare nel cuore dell’Hacienda, creando un’atmosfera sospesa, ma anche avvolgente, grazie agli arrangiamenti degli altri sei musicisti presenti sul proscenio, ovvero un sassofonista (e vari woodwind) ed un quintetto d’archi tutto al femminile.
Il segreto del loro successo in coppia è insito anche dell’incontro/scontro di matrice linguistico, coi brani in inglese, ma anche nelle loro rispettive lingue madri, con quelle parti cantate in italiano da Blixa che si caricano di giocosa ironia, in modo particolare nei brani più recenti.
Blixa Bargeld: La Voce che Segna il Confine tra Il Suono e la Parola.
Quando Blixa Bargeld ha preso il microfono, la magia ha iniziato a manifestarsi in tutta la sua potenza. Fondatore degli Einstürzende Neubauten e una figura di culto nel panorama musicale alternativo, Bargeld è noto per la sua voce cavernosa, talvolta dissonante, con quella sua peculiare timbrica finemente inquietante. Insieme a Teardo, ha dato vita a un connubio perfetto tra il suono puro e la parola, l’introspezione e il rumore.
Il suo ingresso in scena non è stato segnato da parole ma da una presenza magnetica. Mentre Teardo continuava a tessere la sua rete sonora, Bargeld sembrava fondersi con il tessuto sonoro, come se la sua voce fosse parte integrante di un paesaggio sonoro in continua evoluzione: questo ad esempio avviene in brani quali ‘Libelle & Giant’, la ormai celebre e scherzosa ‘Mi scusi’ o nella criptica ‘Die Carlo’ (dedicata nientemeno che all’astrofisico Carlo Rovelli), capaci di creare un ponte tra l’introspezione e la potenza catartica della performance. Le parole, sempre enigmatiche ma con un’attitudine tutt’altro che snob e senza alcun distacco intellettuale, avevano il potere di ipnotizzare, trasportando il pubblico in un mondo parallelo dove il silenzio e il rumore si mescolano in modo indissolubile, con la consapevolezza di essere sempre credibili senza prendersi troppo sul serio (con Blixa che si è lasciato andare ad un paio di fugaci freddure dal gusto teutonico).
Le interazioni tra i due artisti sono state sublimi: Bargeld incideva la sua voce nell’ambiente sonoro creato da Teardo, e la musica rispondeva con sonorità che a tratti sembravano esplodere, a tratti accarezzare l’orecchio con un sussurro quasi impercettibile. Tra i brani più apprezzati dal pubblico sono da segnalare senz’altro ‘Come Up and See Me’ e la conclusiva ‘Defenestrazioni (entrambe dal loro ottimo lavoro del 2013 ‘Still Smiling’, di cui hanno anche eseguito la title-track), dove Teardo ha utilizzato suoni lievemente dissonanti e vibrazioni elettroniche per accompagnare la profondità della voce di Bargeld, a sua volta sorretta dalle partiture per archi, creando un paesaggio sonoro che sembrava non avere confini. Ma possiamo dire che tutta la scaletta del concerto, pur mantenendo un equilibrio tra pezzi già noti e la produzione più recente – tra cui non ci si può esimere dal citare ‘Bisogna Morire’, una passacaglia ossessiva e altamente ironica – ha saputo raccontare un percorso sonoro in divenire, una sceneggiatura sfuggente ma in continuo movimento.
Un’Esperienza Multisensoriale
La forza di un concerto come quello di Teardo e Bargeld risiede anche nella capacità di stimolare tutti i sensi, non solo l’udito. L’atmosfera dell’Hacienda, con il suo design sobrio e industriale, sembrava riflettere perfettamente nella direzione impressa dal bizzarro duo italo-crucco. La luce ben presente, a tratti un filo invadente, contribuiva a creare una fervente e malcelata attesa, come se lo spazio e il tempo si fossero annullati. La musica, a sua volta, si rifletteva sulle pareti della venue, facendo vibrare l’aria stessa, coinvolgendo ogni singola persona presente in un flusso sonoro indimenticabile.
Teardo e Bargeld non hanno solo suonato: hanno creato una vera e propria esperienza, un viaggio che ha unito due mondi lontani ma vicini nello stesso istante, due artisti che, nel loro incontro, hanno dato vita a un orizzonte musicale a tratti imprevedibile.
La conclusione del live, con la già citata ‘Defenestrazioni’, è stata altrettanto memorabile: dopo aver attraversato un mare di suoni e parole, il duo ha lasciato il palco con un brano che sembrava voler concludere il cerchio, ma al tempo stesso lasciando l’impressione che la musica stesse continuando, sublime e inesorabile, come una traccia indelebile. Un finale catartico, in cui vibrazioni elettroniche, corde pizzicate o carezzate dagli archetti, legni suonati in punta di dita e la voce di Bargeld si sono fuse in un’unica, soave esplosione di energia emotiva.