Le cattive è uscito in Italia quasi alla fine del 2021, eppure non importa se non è una novità, è uno di quei libri che vorresti far leggere a tutti, anche a distanza di tempo dall’uscita.
È un libro forte, crudo, lucido. Una sorta di autofiction in cui autobiografia e finzione si mescolano. Il linguaggio è diretto, tagliente ma armonioso, talvolta ironico e in alcuni punti quasi poetico. Il racconto è a tratti doloroso, a tratti struggente. A tratti intriso di quel realismo magico tipico della letteratura sudamericana.
Il libro racconta, in maniera molto onesta, la vita di Camila, donna trans che vive a Córdoba, in Argentina. Racconta la sua storia, ma in realtà anche quella di una comunità intera di donne trans.
Una comunità che vive ai margini. Una vita fatta di violenza ed emarginazione. Donne che vivono con la paura di finire ammazzate e gettate in un fosso dagli stessi clienti. Donne che si prostituiscono sia per poter vivere la loro sessualità sia per mantenersi. Donne che lottano.
Il tutto è raccontato senza autocommiserazione o morbosità, ma con estrema lucidità e consapevolezza.
Camila, è nato Cristian. Fin da bambino ama usare i trucchi della madre, ama provarsi i suoi abiti. Il padre rifiuta questo aspetto del figlio. Urla, insulti. Non riesce ad accettare questo figlio per lui così “diverso”.
Camila a vent’anni inizia a prostituirsi, insieme alle altre donne trans, al Parco Sarmiento. Queste donne sono “le cattive” e il parco è dove lavorano. Il parco è vissuto di notte, un mondo nascosto dal buio; quello delle “cattive” è un mondo sotterraneo, parallelo.
E sarà proprio in questo parco che “le cattive” trovano un neonato abbandonato e lo portano di nascosto dalla Zia Encarna. Da qui inizia tutto il racconto, che si sviluppa per tutto il periodo della crescita del bambino.
La Zia Encarna è una sorta di madre protettrice di queste donne che vivono tutte insieme nella casa rosa della Zia.
Un susseguirsi di personaggi, un susseguirsi di vite. Queste “cattive” che di notte si prostituiscono, che vivono di violenze e soprusi, di giorno si prendono cura del bambino, si prendono cura di loro stesse. Amano, ridono, piangono, litigano.
Un susseguirsi di dolore, paura, rabbia ma anche voglia di maternità, voglia di un amore vero.
E poi c’è l’amicizia, la sorellanza. Sì, perché “le cattive” sono una famiglia.
Sono tanti gli aspetti e i temi del libro che mi hanno colpito. Quello che mi ha colpito di più è la contrapposizione tra buio e luce, tra la vita delle donne trans di notte e la loro vita di giorno quando spariscono, quando non sono accettate, quando vengono etichettate. Allora si rifugiano nella loro casa, quella casa rosa fatiscente che diventa il simbolo della loro sorellanza, del loro sodalizio. Casa in cui esistono delle regole, casa in cui possono essere loro stesse.
Il libro, secondo me, è come se avesse spalancato la porta su un mondo di cui tutti sanno ma di cui nessuno vuole parlare. Un mondo in cui la “diversità” diventa emarginazione. Una vita, quella di Camila e le altre, vissuta cercando di sopravvivere alla discriminazione e alla violenza, ma allo stesso tempo cercando la libertà. Libertà di accettarsi ed essere accettate e anche amate. Alla fine amare non è una questione di genere.
Nel libro Camila riesce, secondo me, a trasmettere sia il dolore sia la forza di queste donne che rivendicano il diritto di essere ciò che vogliono e ciò che sono. Forse è proprio questo duplice aspetto che ha reso Le cattive un libro di successo, insieme al fatto che Camila rivela quella parte di società ipocrita che mette al bando “le cattive” perché le crede pericolose, ma che alla fine ne usufruisce.