Metti un sabato sera capitolino all’insegna dell’indie-rock, declinato in alcne delle sue forme più peculiari, presso il Largo Venue di Roma, dove il pubblico è confluito con calma ma costante da inizio serata, ovviamente per venire ad omaggiare gli A Toys Orchestra, divenuta ormai una delle band più storiche della scena indie dello Stivale. Il gruppo originario di Agropoli, con uno show coinvolgente e dai toni cangianti, ha confermato il suo solido legame con la capitale: nonostante fosse la terza volta che il gruppo si esibiva a Roma in questo 2024, l’evento ha registrato una buona affluenza, segno di una fedeltà e di un’affezione che i fan di lunga data e i nuovi appassionati continuano a riservare alla band.
Prima di loro, ad aprire le danze, sono saliti sul palco prima i Querva, dediti ad un cantautorato indie fatto di tanta buona volontà e una buona dose di ingenua euforia (che non fa mai male), ma onestamente con brani davvero poco ispirati e con dei testi che, con tutta la simpatia di questo mondo, non è lecito attendersi neanche alle scuole medie.
A seguire, invece, gli ottimi Ta Ga Da, band padovana giovane ma già con idee chiare e una valida padronanza del palco e soprattutto dei propri stumenti, dediti ad un punk-funk che rimanda alla stagione felice dei (primi) Liars e dei Rapture, con qualcosa dei “nostri” Disco Drive, per chi li ricorda. Peccato abbiano suonato solo tre brani, ma li seguiremo in futuro sperando possano crescere ancora come band.
Il concerto degli headliner, invece, è stato l’occasione per promuovere dal vivo il loro ultimo lavoro in studio, Midnight Again, un album che rappresenta un ulteriore capitolo nell’evoluzione sonora della formazione. A Toys Orchestra ha infatti presentato molte delle tracce di questo disco, alternate a brani storici tratti dai precedenti lavori, creando una scaletta capace di soddisfare i fan di ogni periodo. Ogni canzone eseguita ha trovato la giusta collocazione in un mosaico musicale curato e ben equilibrato, regalando una serata di musica intima e intensa.
La band si presenta oggi con una formazione che ha ormai trovato un equilibrio perfetto tra tecnica e espressività. Alla guida troviamo ancora il carismatico Enzo Moretto, voce, chitarra e tastiere, la cui interpretazione trasporta il pubblico in un universo sonoro denso di emozioni e riflessioni profonde. Al suo fianco, ad arricchire la dimensione ritmica e melodica, ci sono Ilaria D’Angelis e Mariagiulia Degli Amori, polistrumentiste di grande talento, che alternano voce, tastiere, basso e chitarra, portando sul palco un’energia a dir poco coinvolgente. La sezione ritmica è affidata al solito a Raffaele Benevento al basso e ad Alessandro Baris alla batteria (quest’ultimo entrato in formazione dall’anno scorso), due musicisti che si muovono in perfetta sintonia, creando una base solida ma mai invasiva, capace di sostenere l’ampio spettro emotivo che caratterizza la musica degli A Toys Orchestra.
I nuovi brani di Midnight Again hanno risuonato con particolare intensità durante il live, dimostrando come la band sia riuscita a rinnovarsi pur mantenendo intatti i tratti distintivi del proprio stile. Il disco, che si distingue per le atmosfere cupe e introspettive, ha esplorato tematiche legate alla solitudine, ai desideri inespressi e alle riflessioni notturne, elementi che risaltano ancora di più nella dimensione live. Il pubblico è rimasto affascinato dai brani più recenti – i quali, va detto, dal vivo suoano incredibilmente più dinamici che in studio – come ‘Goodbye Day’, ‘Miss U’ e l’incalzante ‘Our Souls’, dove le melodie avvolgenti e i testi evocativi hanno creato un clima sospeso, quasi ipnotico.
Accanto ai nuovi pezzi, non sono mancati i classici del repertorio, come ‘Midnight Gospel’, ‘Celentano’ (palese tributo all’Adriano nazionale) e la conclusiva ‘Lub Dub’, che hanno acceso l’entusiasmo dei presenti, riportandoli alle origini e ai lavori che hanno reso la band celebre nel panorama indie rock italiano. Ogni brano ha saputo instaurare una connessione speciale con il pubblico, un dialogo emotivo che ha dimostrato ancora una volta la capacità del gruppo di costruire un’esperienza musicale totalizzante.
Alla fine della serata, il pubblico ha salutato gli A Toys Orchestra con lunghi applausi, riconoscendo il valore di una band che continua ad evolversi e a reinventarsi senza perdere la propria identità. Il concerto al Largo Venue ha quindi rappresentato non solo una promozione per il loro ultimo lavoro in studio, ma anche una celebrazione di un percorso artistico in costante evoluzione, un viaggio musicale che, concerto dopo concerto, riesce a lasciare un segno profondo negli ascoltatori.
2 Commenti
Visto che in questo articolo vengo usate le parole a caso:
1- Nessuno può decidere cosa sia lecito o non lecito dire o aspettarsi da un testo;
2- Quello che sicuramente non è lecito è lo scrivere una critica gratuita senza neanche informarsi un minimo (non dico di dover sapere vita morte e miracoli di Jean-Michel Sneider in arte Querva) ma almeno che non siamo una band potevi leggerlo dalla locandina;
3- Non ti permetto di attribuire le mie intenzioni sul palco (ingenuo entusiasmo e buona volontà), la critica è lecita, le fantasie no.
Ciao Alessandro,
sono Fabio Babini e mi è sembrato giusto rispondere al tuo commento. Premetto che nelle mie parole non vi era nulla di offensivo (sono anche musicista, e penso che se prendi uno strumento o un microfono e scrivi di quello che ti gira in testa, hai già vinto). Però è anche vero che se sali sul palco, lì sotto troverai gente che canta, salta, balla, o magari ride, sbadiglia o pensa ad altro. E lì in mezzo troverai il Babini di turno che ascolta con attenzione quello che stai/state suonando e il giorno dopo si sentirà di scrivere quello che ha visto nello stile che riterrà più consono. Mi permetto di aggiungere che scrivo da circa trent’anni (!) di musica e posso azzardare la “presunzione” di poter avere un’idea abbastanza precisa dell’equilibrio e del senso critico adeguato quando scrivo dell’argomento. Sono cresciuto con i live report del NME e di Melody Maker, con quel modo di scrivere ficcante e a volte irriverente, che hanno finito per influenzare notevolmente quando butto giù parole riguardo concerti o festival. Quindi in quelle poche righe in cui ho riassunto la tua/vostra esibizione, non mi sono lasciato andare ad alcuna fantasia ma ho solo detto in sintesi quello che ho visto e soprattutto ascoltato. Poi magari, tra qualche tempo, firmerai un contratto con la 42 Records e avrai Cosmo e Colapesce che apriranno per i tuoi concerti, chi può dirlo, e in quel caso ne sarò ben lieto e ti offrirò una birra. Ma questo può avvenire accettando che qualcuno in mezzo al pubblico possa avere idee diverse dalle tue, sulla bontà di quello che stai suonando o cantando.
Per inciso, ho letto bene che NON siete una band e ho notato che Dice aveva toppato il nome, ma ho usato il plurale perché l’altra sera avete suonato come band. Per capirci: anche Apparat è UNO, ma quando suona dal vivo con la band uso il plurale, perché in quel momento non è una one-man-band ma un progetto più ad ampio respiro. Spero di essermi spiegato discretamente anche su questo punto. 🙂
Un abbraccio e non smettere MAI di suonare.