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Intervista alla band Asa’s Mezzanine

I migliori dischi strumentali non raccontano solo attraverso il suono, ma creano paesaggi, evocano stati d’animo, trasformano il tempo e lo spazio in una dimensione parallela. Rest And Fight degli Asa’s Mezzanine è proprio questo: un album che non si limita a suonare, ma diventa un viaggio emotivo. Un disco che nasce dal contrasto, che respira attraverso la tensione tra elementi opposti e trova la sua forma in una dialettica perpetua.

Rest And Fight non è un disco che cerca di accontentare. È un album che richiede attenzione, che chiede di essere vissuto e riascoltato, lasciando che ogni stratificazione si manifesti nel tempo. Una colonna sonora perfetta per chi è alla ricerca di un’esperienza immersiva, per chi ama perdersi nei dettagli e ritrovarsi, ogni volta, in un luogo diverso.

Rest And Fight” è un titolo che evoca una dicotomia profonda, quasi esistenziale. Nel vostro processo creativo come avete bilanciato il bisogno di quiete e quello di conflitto, sia dal punto di vista musicale che emotivo?

Quiete e caos sono due forze che si intrecciano nella nostra esistenza quotidiana: l’uno non può esistere senza l’altro. Nel nostro processo creativo, questa dualità si traduce in un equilibrio spontaneo tra momenti di introspezione e tensione esplosiva. Scrivere musica per noi significa raccontare stati d’animo, costruire un viaggio sonoro in cui la quiete amplifica l’impatto del caos e viceversa. In Rest And Fight, queste due dimensioni non si contrappongono, ma si alimentano a vicenda, diventando strumenti narrativi che danno forma alla nostra espressione musicale.

 

La vostra musica sembra costruita su un costante dialogo tra opposti: distorsione e melodia, caos e ordine, tensione e rilascio. Qual è stata la sfida più grande nel rendere questi contrasti non solo coesistenti, ma complementari e organici?

Per noi è sempre una questione di equilibrio. Ogni strumento ha un ruolo preciso in ogni momento della canzone, creando un dialogo continuo tra le voci che si intrecciano. A volte diventano più forti, altre si distendono, ma il tutto segue un flusso naturale. La sfida non sta nel forzare il contrasto, ma nel capire cosa vogliamo trasmettere in quel preciso momento. Una volta definito il sentimento di un brano, il resto viene spontaneamente. Tensione e calma sono due facce della stessa medaglia, due forze opposte ma che si completano a vicenda. Il contrasto non limita, anzi: è il motore che alimenta il nostro processo creativo, la base su cui tutto si sviluppa.

 

Il disco è accompagnato da un racconto che sembra amplificare e contestualizzare l’esperienza d’ascolto. In che modo la narrazione ha influenzato la composizione musicale? Si è trattato di un processo parallelo o uno ha guidato l’altro?

 

Il racconto è un’introduzione alla musica, un ponte che prepara l’ascoltatore all’esperienza sonora. È nato dall’ascolto del disco, con Paolo Sirio che, lasciandosi guidare e ispirare, ha tradotto in parole le atmosfere e le emozioni della nostra musica. Tutto ha origine dalla musica: il racconto non è altro che una sua reinterpretazione, una visione narrativa che amplifica e anticipa l’ascolto, offrendo una chiave di lettura personale ma complementare.

In brani come Kind (Of) Violence esplorate il sottile confine tra dolcezza e brutalità. C’è un messaggio specifico che volete trasmettere attraverso questa ambiguità emotiva e sonora?

Il contrasto è parte integrante della nostra esistenza: in ognuno di noi coesistono brutalità e dolcezza, e accettare questa dualità significa aprirsi a nuove prospettive. In Kind (Of) Violence abbiamo voluto portare questo concetto all’estremo, dimostrando che dalla contrapposizione può nascere bellezza. Anche gli elementi più distanti, sia nella musica che dentro di noi, possono coesistere e trasformarsi in qualcosa di nuovo, dando vita ad una crescita inaspettata.

 

Nel panorama musicale attuale, dove spesso si tende a etichettare i generi in modo rigido, il vostro sound sembra sfidare le definizioni. Come vivete questa libertà stilistica? È una scelta consapevole o un’esigenza naturale del vostro modo di fare musica?

Non abbiamo mai amato le etichette né sentito il bisogno di incasellarci in un genere preciso. Il nostro sound nasce in modo spontaneo, dal dialogo tra le molteplici influenze che ognuno di noi porta con sé. Ciò che più ci stimola è la libertà di sperimentare, senza porci limiti o definizioni rigide, sia in termini di genere che di struttura dei singoli brani. È una scelta consapevole, ma allo stesso tempo naturale: fin dall’inizio abbiamo seguito l’ispirazione senza sapere esattamente dove ci avrebbe portato, ed è proprio questa imprevedibilità a divertirci e a rendere vivo il nostro processo creativo.

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