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Intervista a Sergio Casabianca

“De Visu” è il raffinato risultato di un’eclettica esplorazione sonora guidata dal chitarrista catanese Sergio Casabianca, affiancato da due eccellenti musicisti: Riccardo Grosso al contrabbasso e Peppe Tringali alla batteria. L’album rappresenta un viaggio musicale che abbraccia la tradizione e la modernità, offrendo una prospettiva unica nel mondo del jazz attraverso l’abilità e la creatività di Sergio Casabianca e il suo guitar trio.

 

 

De Visu” è arricchito da influenze ritmiche funk, evidenti in “Desk of Love” e “Milo Crew“, dimostrando l’ampia versatilità dell’artista e la sua capacità di fondere il caldo suono legnoso tipico del jazz con sonorità moderne e stilemi contemporanei. Questo album jazz offre un intrigante viaggio attraverso composizioni originali che spaziano da melodie eteree e sentimentali, come “Sire“, “Birds of San Marco” e “Fondamenta Nuove“, ad un jazz post-bop che oscilla tra un tono dissacrante e diretto, e momenti di introspezione e riflessione, come dimostrato nei brani “Dreams in a Spiral” “Raining in My House” e la title track “De Visu“.

 

Ciao Sergio, benvenuto su 100Decibel. “De Visu” è il tuo nuovo album di brani inediti in guitar trio, un’opera che abbraccia una vasta gamma di stili musicali all’interno del jazz. Qual è stata la principale ispirazione dietro questo progetto?

Senza dubbio avevo la necessità di produrre un disco in cui la chitarra avesse un ruolo centrale ma pur sempre aperto all’interscambio con gli altri musicisti. Nel contempo, avendo sempre composto brani e temi, ho unito questi due elementi per produrre un disco di inediti. La vasta gamma di stili e sonorità è data dal fatto che ho scelto di non precludermi strade compositive e stilistiche e cercare di dare un’immagine sincera di quello che è evidentemente il mio background musicale che mi ha portato fino a qui.

Il trio è composto da te alla chitarra, Riccardo Grosso al contrabbasso e Peppe Tringali alla batteria. Come è nata questa formazione e come avete collaborato alla creazione del disco?

Collaboro con Riccardo Grosso da tanti anni ormai, circa 10. Conseguenza l’intesa musicale, l’amicizia e la fiducia sono stati ingredienti fondamentali per pensare di registrare il disco insieme a lui. Con Peppe Tringali, batterista che ho sempre ammirato e forse anche temuto, è nata una fruttuosa collaborazione proprio per far quadrare il sound del trio che volevo registrare. Il suo drumming fortemente solido ma aperto a qualsiasi variazione, dal serio al giocoso, è stato fondamentale per la realizzazione del lavoro. Abbiamo fatto un numero congruo di prove, senza stressarci ed esagerare, testando e montando pian piano le idee che portavo in sala prove. Alcuni live, inoltre, sono stati decisamente positivi nel sano test che può essere utile far davanti ad un pubblico attento.

Parlando del tuo strumento, hai scelto di suonare una chitarra archtop a cassa larga, che offre un suono caldo e legnoso. Come hai integrato questo suono tradizionale nel contesto di brani così vari e moderni?

In realtà sono forse un chitarrista “confuso”, o magari, abbastanza eclettico dal punto di vista del sound. Amo le solid body di casa Fender e non disegno le semihollow a cassa stretta, ma in questo disco avevo bisogno di un suono più caldo e legnoso. Inoltre, spesso adoro sentire addosso chitarre leggere, come una archtop appunto.  Ho fatto i dovuti test in sala, ho sperimentato con gli effetti e mi sono reso conto che la Monarch rispondeva parecchio bene pur non essendo stata forse pensata e creata per sonorità come queste. Devo dire che sono molto soddisfatto della resa, ma chissà cosa potrà succedere in futuro in termini di chitarre e gear da utilizzare.

C’è una traccia specifica nell’album che ha richiesto particolarmente tempo e sforzo per essere completata?

È stata una registrazione abbastanza comoda, grazie all’attento lavoro del nostro sound engineer Riccardo Samperi. È chiaro che ci siano stati diversi momenti in cui ci siamo resi conto che era meglio rifare il brano in questione, ma anche un paio di quasi “buona la prima”.  De Visu era un brano molto complesso ed ero personalmente titubante, ma non ci sono stati intoppi. Non è stato facile far quadrare subito il sound di brani delicati come Sire o Fondamenta Nuove, ma nonostante tutto abbiamo finito di registrare l’intero disco un giorno prima di quanto avevo preventivato.

La musica jazz è spesso associata all’improvvisazione. Quanto spazio hai lasciato per l’improvvisazione nelle tue composizioni in “De Visu“?

Sicuramente lo spazio necessario per poter dire che si tratta di un disco di jazz. Di conseguenza possiamo dire che l’improvvisazione supera il 60 -70 % della musica contenuta in De Visu. Le parti tematiche dei brani, però, sono state pensate per essere facilmente veicolate, riprodotte e cantate e cercare di narrare sinceramente qualcosa agli ascoltatori. Ovviamente si tratta di narrazioni astratte tipiche del jazz: al pubblico va la possibilità di immaginare la vera sceneggiatura del sound!

Hai esperienze live pianificate per presentare “De Visu” al pubblico? Quali sono le tue aspettative per le esibizioni dal vivo?

Stiamo lavorando ad alcune date in inverno e ad un calendario più corposo per l’estate. Sinceramente so che andrò a suonare, che siano palchi piccoli o grandi, per ricreare insieme ai miei colleghi ed amici il “nostro ufficio sonoro” sul palco e scambiarci idee, note e vibrazioni. Per me è sempre elettrizzante ed accrescitivo. Come detto, prima di registrare abbiamo fatto un paio di concerti tra Palermo, Catania e Messina per testare il sound di alcuni brani del disco. Adesso abbiamo la sicurezza di aver la fotografia di quel sound che cercavamo.

In chiusura, cosa possiamo aspettarci dal futuro della tua carriera musicale dopo “De Visu“?

Ho spesso dichiarato che De Visu è per me un punto di partenza. C’è sicuramente altra musica in testa e nel cassetto, potenzialmente quasi pronta per essere lavorata e registrata, ma prima voglio godermi il sound e le vibrazioni di questo disco. Raccogliere pareri e feedback, che siano positivi o negativi purché sinceri, è il carburante necessario per continuare a percorrere questa strada. Inoltre, credo molto nel mio trio e non escludo la possibilità di combinarlo alla presenza di solisti o cantanti per futuri lavori.

TRACK LIST:

  • Dreams in a spiral
  • Sire
  • De visu
  • Birds of San Marco
  • Milo crew
  • Supposed teachers
  • Desk of love
  • Fondamenta nuove
  • Raining in my house
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