“Quella Luce” di Giuseppe Gazerro e la Resistenza Acustica si manifesta come una meditazione sulla giovinezza, immersa nei ricordi dell’adolescenza dell’autore nel suo paese d’origine. Pur essendo il testo deliberatamente privo di dettagli precisi per amplificarne l’universalità, invita l’ascoltatore a riconoscere e ritrovare se stesso nei frammenti lirici offerti. La musica, con il suo ritmo di chitarra deciso e incisivo, esprime la turbolenza e la rabbia di quegli anni, mentre il titolo del brano, “Quella Luce”, simboleggia l’epifania personale che illumina il cammino di vita di ciascuno, segnando i momenti di inizio con una chiarezza brillante.
Per approfondire la genesi e il significato dietro “Quella Luce“, abbiamo incontrato Giuseppe Gazerro e gli abbiamo chiesto di raccontarci di più su questo brano che cattura l’essenza della sua adolescenza e degli anni di formazione.
Giuseppe, come nasce “Quella Luce“?
È un pezzo che riferisce della mia adolescenza e prima giovinezza. Una specie di diario dell’anima – che peraltro io tengo davvero da quand’ero bambino – riassunto in 4 strofe che sintetizzano alcune delle sensazioni che provo ora pensando ad allora.
Il brano ha un’atmosfera forte e aggressiva, soprattutto nella parte strumentale. C’è una ragione dietro questa scelta?
Beh, sì; una volta presentato il brano alla Band abbiamo pensato che il miglior modo per esprimere la forza del ricordo fosse proprio quella di usare chitarre stridenti, ritmi incalzanti e voce decisa.
Ci hai accennato che “Quella Luce” fa parte di un progetto più ampio. Puoi spiegarci meglio di cosa si tratta?
L’EP che uscirà si intitola ELEISON. Il mio disco precedente faceva parte di una trilogia che ho chiamato “trilogia Biblica”. Vorrei che tutti i miei lavori diventassero una specie di summa del mio pensiero; non solo dei sentimenti, quindi ma delle mie convinzioni e delle cose in cui credo.
In questo senso sto usando titoli con riferimenti religiosi o – quantomeno – interiori.
Nel videoclip del brano, avete scelto di mostrare la band che suona in studio. C’è un motivo particolare dietro questa scelta?
In questo caso ci affidiamo alla nostra ottima regista Miriam Zennaro.
Per cui abbiamo solo approvato la scelta di ricorrere a frame frenetici e velocissimi di tutti gli strumenti all’opera.
Il tema dell’universalità sembra essere centrale nel tuo lavoro. Cosa significa per te rendere i sentimenti “universali” attraverso la musica?
Esprimere il mio credo attraverso i miei testi. Un po’ quello che ho detto prima riguardo al mio progetto globale. La trilogia “Biblica” si intitolava “Temi Sospesi” / “Biblica Boulevard” / “Le Cose che Succedono e Le Cose che Sono”. Questo disco si chiama “Eleison” (pietà in greco).
Credo che già i titoli indichino l’universalità del contenuto.
La musica oggi vive di molte influenze digitali e multimediali. Come vedi il ruolo del digitale nella tua musica e nei tuoi progetti futuri?
Un mezzo; punto e basta. Una volta c’era il Vinile, poi è arrivato il Laser del CD, oggi c’è l’OS del device da cui ascoltiamo musica. Sono pochissimo interessato a cosa succede nella tecnologia, pur sapendo usarla. Io scrivo, chi sa usare gli strumenti rende la mia musica disponibile a chi vuole ascoltarla.
Se dovessi scegliere un messaggio chiave che vorresti che gli ascoltatori portassero via dopo aver ascoltato “Quella Luce“, quale sarebbe?
Tenete conto dei vostri ricordi; sono quelli che vi formano.
La luce che illumina le cose belle c’è anche quando – nei momenti brutti – non la vediamo.