Siamo arrivati all’ultima tappa di questo festival (i cui “numeri” raccontano di un grandissimo successo di pubblico) nel quale Umbria Jazz ci ha accompagnato per un lungo e bellissimo viaggio intorno al mondo. Un viaggio con numerose soste negli States (non solo Lenny Kravitz, Toto, Nile Rodgers, ma anche il quartetto Meldhau-Patitucci-Potter-Blake, il progetto Gil Evans remembered, Lizz Wright, Veronica Swift, Cha Wa fino alla Pacific Mambo Orchestra), passando per l’Africa (con Fatoumata Diawara e Somi), l’Asia (con Hiromi), il vecchio continente (con Capossela, Galliano, Raye) fino a tornare nella parte latina del nuovo mondo (con Chucho Valdés, Roberto Fonseca, Djavan), per non parlare degli innumerevoli artisti che hanno dato vita ad altrettanti appuntamenti sui palchi del Teatro Morlacchi, della Galleria Nazionale dell’Umbria, in Piazza IV Novembre, ai Giardini Carducci o in giro per le strade di Perugia.
Ultima tappa che passa, appunto, dal Brasile con Djavan, che si ferma a Umbria Jazz per una delle due sole date italiane del suo D Tour. Brasile non solo sul palco, ma anche, e tanto, sotto (quando durante la presentazione Nick The Nightfly chiede “c’è qualcuno dal Brasile?” le mani alzate sono tantissime, forse una su cinque). Tanto pubblico orgogliosamente (con bandiere, magliette della nazionale o anche, soltanto, con qualche particolare nell’abbigliamento o nel look) brasiliano che, alle prime note di Linha do equador decide che è arrivato il momento di trasferirsi finalmente sotto palco a farsi “sentire” dall’artista, dandogli e ricevendone calore. Ogni altro idioma è abbandonato, dal cantante che sente tra la sua gente e dal pubblico che ormai canta, ballando ma senza saltare una parola, ogni pezzo (tra cui le conosciutissime Sina e Samurai) fino alla fine del concerto.
La festa non è però ancora finita. Trasferitici un po’ più a nord, c’è infatti ancora tempo per ballare al suono e al ritmo di una delle migliori big band latine del continente americano: la californiana Pacific Mambo Orchestra.