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Autobiografia clitoridea: sì, parliamone!

Autobiografia clitoridea” è il titolo dell’ultimo romanzo di Teresa Cinque.

Non sono bigotta, né puritana e mi considero libera da stereotipi, però confesso che il titolo per un istante mi ha creato un po’ di imbarazzo: ho due figli adolescenti e temevo un po’ le loro domande nel vedere questo libro in giro per casa.

L’imbarazzo è durato pochissimo per due motivi: il primo motivo è che i miei figli non hanno fatto neanche una piega, spero che sia per l’educazione ricevuta, senza tabù; il secondo motivo è che appena ho iniziato il libro ho capito che questo titolo è fondamentale, è necessario.

Un libro che consiglio di leggere, un libro che sarebbe bello leggessero anche gli uomini e non solo le donne.

Si parla di clitoride (sì, si chiama così ed è bello nominarla), non in generale ma in relazione alla vita dell’autrice che ci racconta i suoi trascorsi legati al piacere, al sesso, alle relazioni, all’amore. Il tutto narrato in maniera profonda, analitica, ma anche autoironica e talvolta con disincanto.

Non è un libro di sesso o sul sesso, è un libro di crescita e conoscenza personale raggiunta grazie a un grande lavoro di analisi. E l’autrice questo suo percorso di conoscenza di sé ce lo regala generosamente.

Parte da quando era una bambina piccola, bionda, estroversa che amava (ricambiata) profondamente suo padre e che, senza neanche capirne il senso, senza neanche saper dare un nome alla cosa, amava toccarsi e darsi piacere, ovvero amava masturbarsi. Un giorno però il padre la coglie sul fatto e da lì cambia tutto. Cambia il suo rapporto con lui e di conseguenza anche quello con la madre. Il padre rimane come sconvolto da questa scoperta, direi quasi disgustato, anche se può sembrare una parola forte, e ciò lo porta ad allontanarsi dalla bambina, dopo averle fatto capire che sono cose che non si fanno e che deve vergognarsi. Tra padre e figlia si creerà come un muro dettato dalla paura di parlare di qualcosa che in realtà è un bisogno primario. Non ci saranno più abbracci, non ci sarà più un contatto fisico, non ci sarà più vicinanza. Solo chiusura. Tutto questo, insieme al sentirsi sporca, in difetto, inadeguata, si rifletterà nella vita della scrittrice da adolescente, nelle sue relazioni sentimentali, nel sesso.

Il suo cercare nelle relazioni e nel sesso un modo per sentirsi “giusta”, uguale a tutti gli altri, perché in realtà lei continua a masturbarsi e l’orgasmo lo prova principalmente da sola.

Nel frattempo passano gli anni e si susseguono amori, eventi famigliari, lutti, lavoro, insuccessi e successi, delusioni e barlumi di serenità. Insomma trascorre la sua vita fino a oggi.

Questo non è un libro facile da raccontare; ci svela dolori, gioie, violenze, riflessioni, insomma ci svela una crescita e vita vissuta, ma proprio per tutto ciò mi ha messo di fronte a una verità: come possa essere stato difficile per una ragazzina cresciuta negli anni Ottanta, con l’idea che doveva vergognarsi, imparare ad avere consapevolezza di sé e del suo corpo, per poi stare bene nelle relazioni future con gli uomini. E quanto possa essere difficile anche oggi in alcuni contesti, seppur forse in maniera minore.

Il libro mi ha fatto pensare su quanto ancora il piacere di una donna sia associato a quello procurato dall’essere in due. Ma poi l’uomo quanto conosce il piacere di una donna, quanto lo cerca o lo desidera? Quanto Teresa può essere ciascuna di noi, seppur con vissuti ed esperienze diverse?

Infine, mi ha portato a riflettere su quanto le convenzioni sociali, i tabù, il non avere un dialogo aperto con i genitori e il sentirsi giudicate siano poi specchio di sofferenza nelle relazioni future.

Leggiamolo questo libro, duro e tenero allo stesso tempo, e facciamolo leggere.

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