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Joe Bonamassa chiude in bellezza Umbria Jazz 50th Anniversary

C’era grande attesa per questa edizione del cinquantesimo compleanno di Umbria Jazz, attesa che non è stata delusa, né per numeri (record) superiori anche (finalmente) alle edizioni pre-Covid, né per proposta musicale, con un roster di altissimo prestigio. Se infatti era stata la leggenda Bob Dylan ad aprire questa Umbria Jazz 50th Anniversary (passando per Stefano Bollani, Herbie Hancock, Mika, Brad Meldhau, Ben Harper, Stewart Copeland e Paolo Conte) è stato il concerto di Joe Bonamassa a chiuderla. Un concerto attesissimo (tanto da superare per presenze ogni altro concerto di questa edizione), unica data italiana (dopo sette anni di assenza) per l’artista che oggi è probabilmente il più grande interprete del blues-rock e che per molti (sicuramente per gli amanti del genere e per chi ha un “vizio … a sei corde”) era “IL” concerto, non solo del festival ma forse dell’intera stagione. E così, con puntualità assoluta (per esigenze di diretta radiofonica), poco dopo le 21 , quando il cielo è ancora lontano dal vestire il proprio manto notturno, l’artista statunitense, nel suo classico elegante look da manager e, soprattutto, con gli ormai iconici occhiali scuri, inizia il proprio rapporto emotivo col pubblico. Sì perché esibizione e partecipazione non sono due cose separate: Bonamassa si esprime con una tale intensità, non solo alla chitarra (della quale è certamente apprezzabile, quanto raro, esempio di virtuoso che mette il virtuosismo al servizio della musica, piuttosto che viceversa) ma anche alla voce (graffiante e calda, perfetta per il genere), che il pubblico ne percepisce, ne assorbe, fin da subito le vibrazioni, vibrazioni che, chissà da quanto tempo, attendeva di poter, da parte sua, restituire amplificate all’artista.
I brani si snodano (v. setlist) in un fluire di energia interrotto solo per i saluti di rito al pubblico, qualche battuta (“sono grato di essere stato invitato per questa edizione dei 50 anni, speriamo di essere invitato di nuovo prima che ne passino altri 50″), per l’immancabile presentazione della band (con tanto di standing ovation per Reese Wynans, il tastierista che ben 38 anni fa era già stato a Perugia con un’altra leggenda del blues: Stevie Ray Vaughan).
La serata è sempre più calda, artista e pubblico anche e sempre più fusi in un grande abbraccio musicale quando una lunga e travolgente esecuzione di Just Got Paid sembra già annunciare la fine del concerto. Ma il pubblico accalcato alle transenne non ne ha abbastanza e richiama “Joe! Joe! Joe! …” finché “Joe” non torna sul palco a concedere, come bis fuori scaletta, Mountain Time. I musicisti salutano, il pubblico lentamente comincia a defluire, mentre l’Arena Santa Giuliana sembra continuare a vibrare per le energie musicali assorbite durante le due ore di un concerto atteso a lungo e che speriamo poter rivedere molto prima dell’edizione del centenario.

Setlist:
Evil Mama
Dust Bowl
Love Ain’t a Love Song
Self-Inflicted Wounds
I Want To Shout About It (Coco Montoya)
Double Trouble (Otis Rush)
I Didn’t Think She Would Do It
The Heart That Never Waits
Just Got Paid (ZZ Top)

Mountain Time

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