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Fleishman a pezzi: uomini e donne a pezzi

Fleishman a pezzi è una miniserie disponibile su Disney+, basata sul romanzo d’esordio di Taffy-Brodesser Akner. E vi avviso questa non è la solita serie che racconta di un divorzio.

Tutto comincia a New York, in un’estate rovente: Toby Fleishman (interpretato da Jesse Eisenberg) è un medico quarantunenne che ama il suo lavoro e lo svolge con passione. Toby è un neo-divorziato. La ex moglie è Rachel (interpretata da Claire Danes), un’agente teatrale di successo che cerca di farsi strada e di inserirsi nell’ambiente ricco ed elitario di Manhattan.

Toby cerca di sopravvivere al divorzio barcamenandosi tra il lavoro, i due figli e varie app di incontri.

Un giorno Rachel lascia i bambini all’ex marito per il week end: passano i giorni ma di lei Toby non ha più notizie. Rachel sembra scomparsa nel nulla. L’uomo cerca di sopravvivere a questa situazione, grazie anche all’aiuto dei due vecchi amici di università, Libby (interpretata da Lizzy Caplan) e Seth (interpretato da Adam Brody).

Andando avanti con le puntate entriamo nella vita presente e passata di Toby, ma non solo.

Entriamo anche in quella dei due amici. E naturalmente in quella di Rachel.

Grazie ai numerosi flash-back e alla voce narrante di Libby, in sole 8 puntate, abbiamo la visione d’insieme di un matrimonio andato in pezzi, una famiglia andata in pezzi, un uomo e una donna andati in pezzi. Grazie al racconto di Libby passiamo da un punto di vista all’altro.

Il tutto a tratti è drammatico e spietato, a tratti comico, a tratti sarcastico.

La serie, però, è molto di più del racconto di un amore finito. La serie è un vero gioiello, che ricorda le atmosfere dei film di Woody Allen.

Molti di noi possono ritrovarsi in Rachel e Toby Fleishman. La loro storia viene sviscerata: più andiamo avanti più capiamo i protagonisti. Alla fine ci renderemo conto che nulla è come appare.

In maniera quasi impeccabile la serie tocca temi come l’amore, la famiglia, i figli, l’amicizia. Ma anche la depressione post-parto, il lavoro, la realizzazione personale.

La serie scava nei sentimenti più profondi e ci rende partecipi dei dubbi esistenziali che arrivati a quarant’anni i protagonisti si pongono. E sono tutti dubbi legittimi, che tutti noi ci poniamo o ci siamo posti.

Una serie che porta a riflettere, tra le tante cose, su due in particolare secondo me. La prima è sul perché si arriva alla fine di un amore grande. Come può una persona che amavi e che pensavi di conoscere cambiare così tanto? Ma la verità non sta mai tutta da una parte, quindi: chi è cambiato di più?

La seconda cosa è: quando si è a pezzi, passato l’inferno e toccato il fondo, poi si risale. Tutto si stabilizza, tutto cambia ed evolve, tutto diventa nuova quotidianità e nuove possibilità.

Il passato fa parte di noi, e la vita è adesso. Sempre.

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