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Intervista ai Sinedades

Il duo musicale Sinedades, composto da Erika Boschi e Agustin Cornejo, presenta il loro nuovo album omonimo, un progetto affascinante e innovativo che racchiude undici tracce interamente scritte, arrangiate, prodotte e mixate dai due artisti.

Il disco, ispirato al tropicalismo brasiliano, ai ritmi latini e impreziosito da un gusto italiano unico, racconta un universo di emozioni e immaginazione. Ogni traccia offre un viaggio in un mondo sognante, fatto di incanto, poesia, danza, amori, drammi e amicizie. La visione musicale del duo dipinge una realtà forse lontana da quella quotidiana, ma profondamente sentita e vissuta attraverso le loro note.

“Sinedades” è un progetto che avete fondato nel 2016. Come è evoluto il vostro suono dal primo disco fino a questo nuovo lavoro discografico?

Dal 2016 ad oggi, siamo cambiati moltissimo come esseri umani e come gusti musicali e poetici. Il primo disco, al quale siamo moltissimo affezionati perché racconta dei nostri anni più verdi e giovani, aveva uno stile compositivo completamente diverso, ricordo che in quegli anni parlavamo tanto di “Folk Novo”, termine che non esiste ma che noi utilizzavamo tanto per esprimere la volontà di unire la musica e il sound del Folk in stile anglosassone alla Bossa nova brasiliana. Questo ultimo lavoro appena uscito invece rappresenta una “rinascita”, una ripartenza. E per questo si chiama semplicemente “Sinedades”. La nostra vita è molto cambiata in termini personali, e volevamo omaggiare questo nuovo inizio attraverso la musica. Ancora come nel primo lavoro, il secondo è legato a sonorità acustiche e naturali, ma esplora più il lato “brasiliano/latino”, è più immerso in quei ritmi e in quelle atmosfere. Credo che una grande differenza nel suono risieda nella voce di Erika, un aspetto tanto evidente quanto affascinante: con la crescita, la voce evolve costantemente, proprio come il corpo.

Ispirandovi alla musica popolare brasiliana degli anni ’70, come riuscite a mantenere un equilibrio tra tradizione e innovazione nel vostro stile?

Abbiamo dei maestri assoluti e intoccabili nei nostri ascolti musicali, che ci hanno sempre ispirato profondamente e dei quali studiamo con attenzione stile e composizione. In particolare, ciò che ci affascina della musica brasiliana è la capacità di portare avanti le tradizioni musicali facendole evolvere nel tempo. Non trattano la loro musica come un “mostro sacro” o una reliquia intoccabile, ma come qualcosa di vivo, soggetto a modernizzazione, evoluzione, ricerca e cambiamento. Ad esempio, osservando il contemporaneo e quasi avanguardistico Baile Funk delle favelas, si possono facilmente individuare forti radici ritmiche che derivano direttamente dal Samba. Questo approccio, per noi, è un vero tesoro e suscita enorme ammirazione. La capacità di coltivare una tradizione in modo tale che nel 2024 convivano sia il Samba tradizionale sia le sue declinazioni più moderne e innovative è qualcosa di straordinario. È un processo che ha saputo adattarsi e arricchirsi di generazione in generazione, continuando a sorprendere e ispirare.

 

Con 700 concerti alle spalle, come pensate che l’esperienza dal vivo abbia influenzato la produzione del nuovo album e le sue canzoni?

Abbiamo suonato dal vivo le canzoni del disco per molti anni prima di registrarle, ed è stata un’esperienza estremamente interessante. Questo ci ha dato la possibilità di improvvisare liberamente sui brani, sperimentare idee spontanee e scoprire soluzioni che ci piacevano, per poi portarle in studio già mature. Su YouTube, ad esempio, potete trovare una versione iniziale di “Simplemente”, in cui si percepisce un’idea embrionale completamente diversa rispetto a quella finale, con tanti dettagli che sono cambiati nel tempo. Per noi è stato un processo affascinante. Non sappiamo se lavoreremo nello stesso modo per il terzo disco, ma siamo certi che questo approccio ci ha arricchiti moltissimo.

Ogni traccia dell’album racconta una storia. Qual è il brano che sentite più personale e perché?

La traccia più autobiografica è “Te cuento que”. È nata da una conversazione tra noi due, in cui abbiamo preso consapevolezza che il nostro rapporto stava cambiando e che avrebbe continuato a evolversi nel corso degli anni. Ci conosciamo da 15 anni e abbiamo vissuto insieme tante fasi della vita, crescendo fianco a fianco. Questo ha creato un legame profondissimo, che a volte guardiamo con tenerezza e un po’ di nostalgia, commuovendoci per il percorso che abbiamo condiviso. Il brano ci invita ad affrontare con serenità i cambiamenti, ricordando che ogni trasformazione non farà altro che “arricchire il nostro giardino”. Esorta a vivere senza paura gli anni che verranno, a imparare dagli errori e a preservare la meraviglia per la musica che continueremo sempre a creare.

 

Avete detto che il disco rappresenta cinque anni della vostra vita. Come pensate che questo periodo vi abbia cambiato come musicisti e come persone?

Come accennato, in questi anni siamo cambiati profondamente, attraversando una fase cruciale delle nostre vite. Cinque anni fa avevamo 24 e 26 anni, un’età di grandi trasformazioni personali e professionali, e nel frattempo c’è stata anche la pandemia. Oggi ci sentiamo persone adulte, con una maggiore consapevolezza di noi stessi. Come musicisti, abbiamo raggiunto una sicurezza e un senso di identità molto più definiti, pur mantenendo la consapevolezza che c’è ancora tanto da imparare e da fare. Abbiamo maturato un rapporto più sano e intimo con la musica, che in passato è stato anche fonte di conflitto. Ora lavoriamo con dedizione e impegno, con dedizione e impegno, siamo pieni di sogni ed entusiasmo, ma contemporaneamente abbiamo anche una visione molto razionale e matura della nostra carriera, e di ciò che reputiamo sano e positivo e quindi di ciò che vogliamo rincorrere.

C’è un messaggio specifico che sperate di comunicare ai vostri fan attraverso questo album?

Bisogna amare, credere nella bellezza, credere nel buono che si nasconde ovunque, non avere paura di farsi male volendo bene alle persone, non proteggersi mai creando scudi, ballare, coltivare il proprio corpo in modo sano, ridere, viaggiare, improvvisare sempre.

Siamo curiosi di sapere di più sul documentario che uscirà dopo l’album. Cosa intendete mostrare riguardo alla storia di Sinedades e al Firenze World Music Festival?

Vogliamo mostrare il nostro mondo: ciò che si vive entrando in contatto con noi, con la band e con tutte le persone straordinarie che condividono il nostro viaggio. Ci raccontiamo in modo spontaneo, libero, imperfetto, ma autentico, vibrante e umano. È un’immersione nella psicologia di due ragazzi con pochi mezzi ma sogni immensi, che si sono trovati quasi improvvisamente a realizzare qualcosa di prezioso e bellissimo come il Festival. Questo percorso ci ha portato a incontrare artisti di rilievo internazionale che hanno lasciato un segno profondo nella nostra vita. Il potere dell’amicizia è straordinario: può nascere all’improvviso, anche tra persone che non si erano mai incontrate e che vivono in angoli diversi del mondo. Abbiamo vissuto un’avventura intensa e vogliamo condividerla, invitando chiunque lo desideri a farne parte. Tra le prossime tappe, ci sarà un viaggio in Brasile per completare una parte importante del progetto, seguito dalla terza edizione del Festival nell’estate 2025. Abbiamo lanciato un piccolo crowdfunding, che potete sostenere a questo link: https://sostieni.link/ 36924. La condivisione e la collaborazione sono per noi fonte di grande benessere, e crediamo profondamente nel potere dello stare insieme. Apriamo questo progetto a tutti, nella speranza di creare qualcosa di unico attraverso l’unione delle persone.

Avete in programma concerti per presentare il nuovo album? Se sì, dove e quando potranno i fan vedervi dal vivo? La prossima tappa sarà all’ExWide di Pisa, un club che amiamo. Sarà il 10 di Gennaio, e non vediamo l’ora!!

Il disco https://open.spotify.com/album/1PLrGbx9xPaKiX1gHRoOU5 

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