Il giardino della Casa del Jazz è stato il teatro di un evento musicale di rara bellezza e sofisticatezza, i cui protagonisti sono stati Paolo Fresu e Uri Caine, due artisti che rappresentano l’apice della creatività contemporanea nel panorama jazzistico. Il loro concerto non è stato soltanto un’esibizione musicale, ma una vera e propria esperienza intellettuale, capace di fondere tradizione e innovazione in un dialogo sonoro di straordinaria profondità.
Il Contesto: Un Giardino di Storia e Arte
La Casa del Jazz, con il suo giardino affacciato su una delle aree più suggestive di Roma, è un luogo simbolico che respira storia e cultura. È uno spazio dove il passato dialoga costantemente con il presente, e dove la musica trova una cornice ideale per esprimersi al meglio. In questa location incantevole, la presenza di Fresu e Caine ha rappresentato un ulteriore tassello di quella complessa architettura culturale che la Casa del Jazz continua a costruire anno dopo anno.
Gli Artisti: Personalità e Percorsi
Paolo Fresu, trombettista sardo, è noto per la sua capacità di attraversare generi e stili, mantenendo sempre una cifra stilistica inconfondibile. La sua tromba, morbida e incisiva al contempo, sa raccontare storie di terre lontane e di emozioni profonde, fondendo la tradizione del jazz con le influenze della musica etnica e della sperimentazione contemporanea.
Uri Caine, pianista e compositore statunitense, è un artista poliedrico la cui musica spazia dal jazz al classico, passando per l’elettronica e la musica d’avanguardia. La sua capacità di reinterpretare e rielaborare materiali musicali di ogni epoca e provenienza lo rende uno degli esponenti più originali e innovativi del panorama musicale internazionale.
Il Concerto: Un Dialogo Musicale
L’esibizione ha visto Fresu e Caine impegnati in un dialogo oltre i confini e gli steccati del genere, con la volontà del duo di esplorare territori sonori inaspettati e affascinanti. La serata è iniziata con ‘The Old Stockolm’ – brano tradizionale svedese divenuto poi una sorta di standard grazie alle riletture celebri di (tra gli altri) Miles David e Chet Baker – che ha subito messo in luce la sua straordinaria padronanza del pianoforte e la sua abilità nel costruire strutture musicali complesse e avvolgenti. Fresu ha risposto con la sua tromba, inserendosi nel tessuto sonoro con fraseggi eleganti e suggestivi, senza snaturare le armonie originali.
Il repertorio ha spaziato da composizioni originali a reinterpretazioni di classici del jazz: personalmente non sono un patito di live improntati essenzialmente sugli standard, ma è innegabile che la rilettura originale offerta dal duo è stata a dir poco mirabile e finanche originale, tanto da farmi apprezzare anche la loro versione di ‘Cheek to cheek’ (brano di Irving Berlin che solitamente ho sempre trovato insopportabile, se si eclude qualche altra rendition come quella offerta da Ella Fitzgerald e Louis Armstrong), passando per incursioni nella nel folklore, pur sempre con ascendenze jazzistiche per forma e sostanza. Toccante anzichenò la loro incursione nella musica del 1600 (!), offrendo una delicata e sublime versione de ‘Sì dolce è’l tormento’ di Claudio Monteverdi. Ogni brano è stato un viaggio, un’esplorazione di paesaggi sonori in continua evoluzione, dove è incontenibile e palese la capacità di Fresu e Caine nell’inseguirsi e scambiarsi i ruoli con disarmante facilità: i due artisti hanno saputo creare un’intesa perfetta, in cui ogni nota, ogni pausa, ogni respiro era parte di una conversazione profonda e significativa.
L’improvvisazione è un’Arte e il silenzio come forma di ritmo.
Uno degli aspetti più affascinanti del concerto è stato l’uso magistrale dell’improvvisazione, anche per la scelta del trombettista, sperimentale ma misurata, di usare alcuni effetti su tromba e flicorno, che lo hanno portato quasi a giocare nell’omaggiare il Miles anni ’70 post ‘Bitches Brew’ e quella sua tromba elettrificata, per qualche attimo quasi “Hendrixiana”, per poi rilassarsi fino a fare il verso tanto a Bill Frisell quanto ai trombettisti del Duca quali Clark Terry e Ray Nance.
Fresu e Caine, giunti ormai al ventiduesimo anno di collaborazione, hanno dimostrato come l’improvvisazione non sia soltanto una tecnica, ma un vero e proprio linguaggio, capace di esprimere emozioni, pensieri e sensazioni in modo immediato e diretto, ma la loro capacità di interagire in tempo reale, di rispondere l’uno all’altro con creatività e sensibilità, lasciando lo spazio dovuto ad ogni momento sonoro, anche alle pause quasi silenziose, ha creato momenti di suadente raffinatezza ma anche di esplosiva vivacità.
La loro arte, fondata sulla contaminazione e sulla sperimentazione, rappresenta un’importante testimonianza di come il jazz possa essere ancora un linguaggio universale, aperto a infinite possibilità espressive.
In un’epoca in cui la musica rischia spesso di essere banalizzata e mercificata, eventi come questo ci ricordano l’incredibile possibilità di elevare lo spirito attraverso note e suoni, nonché di creare ponti tra culture e generazioni diverse.
Un esempio luminoso, sebbene un minutaggio un filo più ampio dell’esibizione non avrebbe di certo guastato, di come la musica possa essere un atto di resistenza culturale, un gesto di bellezza e intelligenza che trascende il tempo e lo spazio.