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Cristiano Godano e il genio dei Marlene Kuntz

“Vedo la gente rapita dal viaggio che proponiamo”

Dall’uscita del primo album, Catartica, sono passati quasi vent’anni, ma la loro musica continua a segnare il nostro tempo. Il 27 Agosto è uscito il loro nono album, il primo autoprodotto, che li ha portati in giro per tre date di presentazione. 100Decibel è stata presente il 16 Novembre per l’ultima di queste tappe a Stazione Birra. L’album è Nella Tua Luce, loro sono i Marlene Kuntz e questa è l’intervista che Cristiano Godano ci ha concesso prima dell’inizio del live.

Alle spalle avete una carriera ventennale, segnata da non pochi successi. I testi del nuovo album spaziano dal sociale alla cultura. Oggi come ieri, cosa vi guida nella realizzazione dei vostri testi?
Molto ha a che fare con la mia disponibilità ad essere ricettivo. Quindi se accade qualcosa intorno a me che è particolarmente suggestivo, può diventare occasione di un testo. La cronaca a volte mi offre degli spunti in questo senso; ad esempio la canzone Adele in fondo ha molto a che fare con cose di cui la cronaca si occupa in questo periodo. Oppure il mio confronto con altre opere artistiche può regalarmi occasioni di ispirazione, soprattutto una lettura, un ascolto di buona musica, la visione di un film, un’esposizione di quadri.

Quindi qualsiasi cosa può essere una fonte d’ispirazione?
Si! Io credo sia la prerogativa di un sedicente artista quella di avere le antenne sensibili, dritte. È anche vero che quando tu le hai dritte non sei nelle condizioni per scrivere. Allora c’è  quell categoria di artisti che si portano dietro un moleskine e si appuntano le cose; ci sono quelli che probabilmente già scrivono in forma artistica e poi ci sono quelli come me che non sanno approfittare di questa cosa e perdono quel momento, quell’occMarlene Kuntzasione. A volte, sai, quando mi capita di dover scrivere per un disco testi nuovi, ci sono volte in cui non so da che parte iniziare; però sto calmo e tranquillo e mi dico: “Dai leggiamo una poesia, leggiamone un’altra”. Prima o poi qualcosa accade, uno squarcio, una possibilità. E poi da lì è un gioco: nel momento in cui inizio ad essere stimolato c’è la componente del gioco. È un equilibrio. È chiaro che nel caso in cui quest’ispirazione avesse a che fare con un momento emotivo molto importante, faccio un esempio estremo, quando sei acceso da questo sentimento (si pensi a quanti dischi sono stati celebrativi della fine di una storia d’amore) non c’è neanche più bisogno di giocare, almeno non più di tanto. E’ quasi come se le parole sgorgassero non dico tutte da sole ma sei molto guidato da quest’impatto emotivo. Altrimenti invece c’è di mezzo il gioco, nel senso che comunque con le parole si tratta di avere un controllo della situazione, una sorta di equilibrio tra la componete emotiva e la componente intellettuale.

Se una persona iniziasse oggi ad ascoltarvi, come vi presentereste? Chi sono i Marlene Kuntz?
Beh, un gruppo rock che è arrivato al suo nono disco, quindi tanta roba! È da tanto che stiamo in pista. Diciamo che cercherei di capire che tipo di persona è: se non ha niente a che fare col rock in genere…

Gli diresti di cambiare?
No, no! Quello no, figurati. Io sarei felice che tutto il mondo conoscesse i Marlene Kuntz, però alle mie condizioni: ascoltaci, no? Non è che io faccio qualcosa per compiacere. Spero che piaccia, quello si. Se mi rendo conto che quella persona non ha dimestichezza col rock, gli direi di avere molta pazienza: se riesce ad accordarci quattro ascolti anziché uno, se al primo è inorridito al quarto magari inizia ad arrivargli qualcosa; se invece è una persona che ascolta rock, beh, in Italia non può non sapere che c’è un gruppo che si chiama Marlene Kuntz, perché sennò ascolta chissà quale tipo di rock, annacquato probabilmente. Allora in quel caso lì, chiederei lo stesso pazienza però voglio scommettere su due ascolti anziché quattro o cinque. Dopo due dovrebbe già arrivargli qualcosa.

Marlene Kuntz

Vorrei chiederti ora una cosa che ha sempre a che fare con i MK ma non con Nella Tua Luce. Ho assistito il 17 Ottobre a La Poesia della Scienza al Palladium. Com’è nata l’idea di questo straordinario progetto?
Noi abbiamo fatto alcune sonorizzazioni di film muti dal vivo, di un film in particolare, in realtà, che si chiama La Signorina Else, una roba per cinefili, un film degli anni ’20 di Schnitzler. Questa cosa è diventata abbastanza una consuetudine, quella di performare dal vivo in questo modo. La Poesia Della Scienza è nata perché fummo ospiti quest’estate di un evento particolare all’interno di un parco biologico a Torino e ci chiesero di fare un concerto un po’ speciale, dedicato al contesto in cui ci trovavamo. Abbiamo chiesto ad alcuni nostri amici del museo del cinema se avessero qualcosa di interessante e loro ci hanno fatto conoscere Painlevé. E lì è stato una rivelazione: le immagini sono fantastiche.
Io ero presente ed è stato molto, molto bello. Poi l’inserimento alla fine di Bellezza dove tu canti: “Noi cerchiamo la bellezza ovunque” è stato meraviglioso.

Sono troppo d’accordo!

Questa è la terza tappa di presentazione del disco. Come è andata finora e quali prospettive avete per il tour che inizierà a Gennaio?
Le due date precedenti ci hanno fatto capire che il disco è molto apprezzato, sicuramente. Noi lo presentiamo nella prima parte del concerto: quando iniziamo, la prima parte è interamente dedicato al disco. E credo che in molti già lo cantino insieme a noi, e questo mi fa davvero molto piacere. Crea veramente un’ottima atmosfera, c’è molta attenzione. A me del pogo non frega niente. Mi viene in mente questa cosa perché giusto oggi una ragazza ha scritto sulla nostra pagina fb un commento, garbato ma dove diceva: “Sarò forse nostalgica io, ma mi è mancato il pogo. Tutto molto bello ma a volte l’ho visto a braccia conserte”. Figo, no? Come fa a mancare il pogo? Io quando vado a vedere Paolo Conte sto a braccia conserte, seduto e me lo godo. Si possono provare un sacco di emozioni a braccia conserte. Non faccio musica per scatenare istinti fisici…

Beh, questo sta anche nell’evoluzione del gruppo: all’inizio magari eravate più da pogate o si cercava il pretesto per farlo.Marlene Kuntz
Ma ben venga. Io però non suono per far pogare la gente, ma neanche all’epoca. Preferisco proprio l’aspetto dell’attenzione. Sono arrivato a parlare di queste cose proprio perché vedo la gente rapita dal viaggio che proponiamo. Poi mi direte se stasera è andata così oppure no.

E per la prima volta autoprodotti!
Si si, questa è la novità di questo nono disco. Non era mai successo prima perché non ce la sentivamo. È un’assunzione di responsabilità: non ti confronti mai con nessuno; dall’inizio alla fine fai e vai avanti.

Ciò dimostra una sorta di sicurezza in più.
Non è un caso se è arrivato al nono disco. Se non l’abbiamo fatto prima è perché l’insicurezza vinceva sulla spavalderia. Ora siamo più tranquilli, spavaldi. L’abbiamo fatto e siamo molto contenti. Quindi credo che non sarà la prima e ultima volta.

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